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giovedì 31 dicembre 2015

Itinerari d'Arte

I LUOGHI DELLA MAGNA GRAECIA
La colonizzazione greca dell’Italia meridionale e quindi anche della Calabria ha inizio nell’VIII° secolo a.C. Miti e leggende ci parlano però della presenza greca sul nostro territorio già molti secoli prima, al tempo della guerra di Troia (XIII° secolo a.C). Sembra infatti che molti eroi greci approdarono sulle nostre coste a guerra finita e vi fondarono diverse città. A Temesa (presso l’attuale Amantea) vi era un Santuario dedicato a Polite, amico di Ulisse, che fu lapidato dalla popolazione e gettato in mare per aver violentato una giovane vergine di Temesa.
Il territorio che va da Taranto a Reggio sul versante ionico e che poi risale fino a Cuma, in Campania, fu definito dagli storici greci e romani Magna Grecia (Megale Hellàs). L’appellativo di grande Grecia non è da ritenersi necessariamente indicativo di una superiorità rispetto alla Madre Patria. Alcuni storici ritengono che il significato fosse di natura religiosa, ovvero la Magna Grecia fu senza dubbio caratterizzata da strutture templari superiori a quelle della Grecia. Basta pensare al Tempio di Hera Lacinia a Crotone che era meta di pellegrinaggio da ogni parte del mondo greco.

Sibari
Sibari fu fondata da greci provenienti dall’Acaia, ovvero achei. L’anno di fondazione deve collocarsi attorno al 720 a.C. Questi greci provenivano sicuramente da almeno due città dell’Acaia, Bura ed Ege tant’è che giunti sulle coste calabre diedero il nome di Sybaris e Crathis ai due fiumi che scorrevano attorno a Sibari e che si rifacevano a due fiumi delle rispettive città di origine. Questi due fiumi avevano proprietà miracolose, guarivano gli infermi, e inoltre chi si bagnava nel Crati, sia uomo o animale, assumeva una chioma bionda, mentre chi si bagnava nel Sibari assumeva una chioma scura. L’ecista acheo, ovvero il comandante della spedizione che fondò Sibari si chiamava Is (o Ois) e fu ricordato anche nelle monete di Poseidonia (attuale Pestum), subcolonia di Sibari. Diodoro Siculo narra che Sibari aveva 300.000 abitanti. Sibari comandava 25 città più piccole. Le principali fonti di ricchezza di Sibari erano la produzione ed esportazione di olio, frumento e vino e l’allevamento di cavalli. Venivano inoltre mercanteggiate ceramiche e tessuti pregiati. Grazie alle miniere d’argento presenti sul territorio tra Corigliano e Longobucco, la città coniò le prime monete incuse già a partire dalla prima metà del VI° secolo, prima ancora di Atene. In queste monete viene raffigurato il fiume Crati con le sembianze di un Toro. Il potere a Sibari era nelle mani di poche famiglie aristocratiche fino a quando Telys, esponente del partito democratico, organizzò una rivoluzione e assunse il potere scacciando le famiglie nobili dalla città. Queste si rifugiarono a Crotone, dove furono accolte anche grazie a Pitagora che qui aveva fondato la sua Scuola.

Kroton
Kroton fu fondata come sibari da greci achei più o meno nello stesso periodo (734 – 709 a.C).
L’ecista Myskellos guidò la spedizione sul luogo indicato dall’Oracolo di Delfi, quindi dal dio Apollo il cui simbolo, il tripode delfico, viene riportato nelle prime monete di Kroton. Alla spedizione partecipò anche Archia, l’ecista di Siracusa. Fu alleata di Sibari e Metaponto nella distruzione di Siris (540 a.C circa) e presto entrò in confritto con Locri. I Locresi aiutati dai reggini ebbero la meglio nella battaglia del fiume Sagra malgrado la netta inferiorità numerica. Poco dopo la disfatta giunse in città il filosofo Pitagora da Samo. Qui fondò la scuola pitagorica. In poco tempo Kroton divenne più potente di Sibari e riuscì a distruggerla nel 510 a.C. La scuola Pitagorica divenne il fulcro di questa nuova rinascita. I pitagorici credevano nella trasmigrazione dell’anima per cui non si nutrivano di carne e avevano una grande cura del corpo considerato il contenitore dell’anima. La cura del corpo portò alla nascita di numerose palestre e di atleti formidabili come Milone di Kroton che vinse più volte le olimpiadi. Addirittura in un’edizione i primi 7 classificati furono tutti di Kroton. Personaggi importanti di Kroton furono Milone, vestito da Eracle guidò i crotoniati nella vittoria contro i Sibariti e vinse diverse volte le Olimpiadi; Pitagora, filosofo, originario di Samo, acquistò qui la sua fama istituendo la scuola pitagorica. morì a Metaponto.

Locri Epizefiri
Locri Epizefiri f fondata dai Locresi Opunzi e Ozoli della Madre Patria sul Capo Zefirio (da cui prese il nome) intorno alla fine dell’VIII° secolo a.C (Strabone). I Locresi rimasero solo alcuni anni sul Capo Zefirio poi si spostarono vicino alla fiumara di Portigliola dove si stabilirono definitivamente.
Secondo Aristotele la città fu fondata dalle donne Locresi e dai loro schiavi poichè i mariti erano impegnati da anni nella guerra in Messenia al fianco di Sparta. Ciò sarebbe testimoniato dalla grande importanza che ebbero le donne a Locri. Le famose “cento case” di Locri appartenevano alle famiglie dalle quali si sceglievano ogni anno le vergini da mandare a Ilio (Troia) per placare l’ira di Atena contro Aiace Oileo che aveva violentato Cassandra nel suo Tempio. Ancora oggi a Locri è presente una discendenza delle famiglie delle cento case. Locri è famosa per i suoi Pinakes che spesso raffigurano il mito del rapimento di Persefone da parte di Ade o scene dionisiache. Notevole fu anche la produzione di oggetti in bronzo come gli specchi, e la produzione di Ceramica a vernice nera con figure rosse o nere. Nel Museo di Locri e in quello di Reggio sono presenti ricche testimonianze del passato splendore di questa Polis. Locri è famosa anche per aver dato i natali al legislatore Zaleuco, famoso al pari di Licurgo di Sparta e Solone di Atene, o anche Caronda di Katane (Catania) in epoca antica. Locri era fondata su un potere aristocratico (quello delle cento case). Furono emanate leggi per il contenimento del lusso, l’inalienabilità dei lotti di terra assegnati, ma anche la legge del taglione. Locri è ricordata nel mondo soprattutto per la poetessa Nosside che visse tra IV° e III° secolo a.C. Nosside celebrava l’amore al pari di Saffo e fu ritenuta dai greci una delle 9 poetesse degne di gareggiare con le Muse.

Rhegion
La fondazione di Rhegion, attuale Reggio Calabria, risale all’VIII° secolo a.C ad opera di greci provenienti da Calcide nell’Eubea. La punta dello stivale non era disabitata quando arrivarono i greci bensì popolata dagli Itali, leggendari discendenti del re Italo. Fu la secondo colonia greca dell’Italia meridionale dopo Cuma in Campania. Diodoro Siculo narra che fu l’Oracolo di Delfi ad indicare ai calcidesi il punto in cui fondare la nuova colonia Rhegion fu una delle più importanti colonie greche grazie alla sua posizione che la vedeva come “primo porto” per chi veniva dall’oriente. In passato infatti il porto di Reggio era uno dei più importanti del Mediterraneo, ruolo oggi sostituito da Gioia Tauro. Nel V° secolo a.C sotto il potere di Anassilaos Reggio raggiunse il suo massimo splendore. Lo stratego e politico reggino conquistò la città di Messina e costituì con Reggio una potente “città dello Stretto”.

Krimisa
Krimisa, attuale Cirò Marina, fu fondata nel VII° secolo a.C sul promontorio di Crimissa (oggi Punta Alice). Secondo Strabone fu l’eroe greco Filottete, di ritorno dalla guerra di Troia, a fondare la città cui poi si sovrappose la fondazione greca. Dagli scavi condotti da Paolo Orsi furono ritrovati resti di un Tempio, probabilmente dedicato ad Apollo Aleo, in cui fu rinvenuta una testa marmorea che con ogni probabilità era custodita e venerata nello stesso Tempio. Furono rinvenuti anche i piedi e una mano ma non il corpo in quanto nei Templi arcaici, soprattutto in Magna Grecia, questo era fatto di legno e rivestito con vesti sontuose.

Kaulon
Kaulon fu fondata alla fine dell’VIII° secolo a.C. Non si sa con certezza se fu fondata da greci provenieti dall’Acaia o se sia stata una subcolonia di Kroton. Incerti sono i primi decenni di vita della città. A partire dal VI secolo a.C vengono coniate le monete incuse raffiguranti Apollo. Partecipò al fianco di Kroton nella battaglia del fiume Sagra contro i Locresi. Nel 389 a.C fu distrutta da Dionisio di Siracusa che la consegnò a Locri. Nel 205 a.C. fu conquistata dai romani e perse la sua importanza. Fu Paolo Orsi a identificare i resti dell’antica kaulon presso Monasterace Marina, rinvenendo i resti del Tempio e alcune strutture abitative in cui sono stati portati alla luce i bellissimi mosaici con draghi marini.

Hipponion
Fu una subcolonia di Locri, fondata nel VII° secolo a.C. L’importanza dei reperti rinvenuti nell’attuale Vibo Valentia e conservati presso il Museo indicano che la città fu molto ricca e importante. Nello scudo ritrovato ad Olimpia e in cui sono incise le dediche di guerrieri di Locri, Hipponion e Medma, per ringraziare la divinità della vittoria contro Kroton, gli hipponiati sono citati per primi. Ciò probabilmente indica la grande importanza che l’esercito hipponiate ebbe durante la battaglia. Probabilmente Hipponion fu una polis autonoma fin dalla sua fondazione. I ricchi doni votivi dell’area sacra in località Scrimbia testimoniano la presenza di una classe aristocratica e guerriera rilevante. Lo storico Tucidide parla degli hipponianti come homoroi cioè confinanti dei Locresi piuttosto che ad essi subordinati.

ARTE E ARCHITETTURA BIZANTINA IN CALABRIA
Il periodo bizantino della Calabria, anche noto come seconda colonizzazione greca, è durato circa cinque secoli, dalla conquista giustinianea nella seconda metà del VI° secolo all’occupazione da parte dei Normanni nella seconda metà dell’XI° secolo. La Calabria è una regione dalla storia unica nel panorama italiano, infatti, dal 554 d.C. e per oltre 500 anni rappresenterà un pezzo di Oriente incastonato nell'Italia meridionale. Sotto il dominio bizantino la regione, che più di mille anni prima aveva fatto parte della Magna Grecia, subisce una seconda grecizzazione. Durante questo periodo la cultura greca ha lasciato profonde tracce che attraverso i secoli sono arrivate fino a noi. La prima tappa di questo straordinario viaggio alla scoperta della Calabria bizantina è Rossano, anche conosciuta come la perla bizantina del Sud. Situata tra le bellezze naturali della Sila e l'incontaminato Mar Ionio, Rossano dal VI° all’XI° secolo è stata una città strategica dell’Impero di Bisanzio tra le più attive e sicure del sud-Italia. Qui si trova un piccolo gioiello di architettura bizantina, l’Abbazia di Santa Maria del Patire, fondata intorno al 1095 dal monaco Bartolomeo di Simeri. Del complesso monastico primitivo è ben conservata la chiesa, la quale è caratterizzata dall’antico tappeto musivo pavimentale, solo in parte salvato, risalente al XII° secolo e rappresentante alcune figure di animali reali e mitologici. All’interno della chiesa si custodisce un crocifisso ligneo del ‘600 e l'effigie della Madonna del Patire databile alla fine del XIX° secolo. Sempre a Rossano si trova la Chiesa di San Marco, altro capolavoro dell’arte bizantina. Abbarbicata sullo sperone di una roccia, la piccola chiesa fu fondata nel X° secolo e sorge nella zona che anticamente veniva chiamata "Graecìa". L'unico resto di una decorazione pittorica originariamente molto estesa è una Madonna col Bambino di cultura bizantina risalente al XIII° secolo.
La seconda tappa dell’itinerario è Santa Severina, antico borgo medievale in provincia di Crotone che sorge su uno sperone di tufo che domina la vallata del fiume Neto. A testimonianza della dominazione bizantina rimane il quartiere della Grecìa, praticamente inalterato dal punto di vista urbanistico. Qui si trova il più antico monumento bizantino della Calabria, il Battistero, edificato tra VIII° e IX° secolo. Addossato completamente alla Cattedrale, antistante il castello normanno detto di Roberto il Guiscardo, il piccolo battistero si presenta dall'esterno come una semplice cupola attorno alla quale corre un atrio. Originariamente era affrescato, almeno in alcune sue parti, come evidenziano i resti di affreschi, purtroppo poco visibili, che si scorgono sulla parete sinistra del braccio di nord-est. Nei capitelli di alcuni colonne si possono ancora leggere le iscrizioni in greco bizantino relative alla sua costruzione. Sempre a Santa Severina si trova la Chiesa di Santa Filomena, anche detta del Pozzoleo, altro gioiello dell'architettura bizantina. Risalente al IX° secolo, la piccola chiesa presenta una magnifica cupola ornata a motivi orientali e il doppio portale, realizzato secondo gli usi ortodossi dell’epoca.
L’itinerario prosegue a Bivongi, suggestivo borgo dalle antiche origini bizantine ubicato in una vallata sulla sponda destra del fiume Stilaro ai piedi del Monte Consolino. Anche qui giunsero i monaci basiliani, tra questi, Giovanni Théristis, il quale venne acclamato santo e sul luogo dove si riteneva esistesse la sua fonte sacra fu costruito il Monastero di San Giovanni Théristis, magnifico esempio di architettura monastica bizantina. Lo stile bizantino è evidente nell'esterno della basilica, nei muri perimetrali costruiti con strati di pietra concia e con cotto alternati, e nelle lesene all’esterno dell’abside. Infine, il nostro itinerario alla scoperta della Calabria bizantina si conclude a Stilo, la città del filosofo Tommaso Campanella e di quel gioiello d'arte bizantina che è la Cattolica, uno tra gli edifici religiosi più spettacolari della Calabria e non solo. Si tratta di un tempietto risalente al X° secolo che ricalca il tipo classico della chiesa bizantina su pianta quadrata e croce greca. L’affascinante chiesa è sormontata da cinque cupolette cilindriche divise da quattro elementi a botte con bifore. La sua ricchezza espressiva la colloca tra i più importanti monumenti d’Italia.

L'ARTE DI MATTIA PRETI
Mattia Preti fu uno dei maggiori pittori di successo del ‘600. Ad oggi molti lo considerano il più importante artista calabrese di tutti i tempi. Le opere di Mattia Preti furono numerosissime, grazie agli oltre 60 anni di carriera. Il Cavalier Calabrese, così era chiamato Mattia Preti, fu uno degli ultimi esponenti del caravaggismo romano e dal suo maestro apprende soprattutto il sapiente utilizzo della luce. Nelle sue opere è facile notare i dettagli messi in risalto da quei bagliori di luce che animano la scena e mettono in evidenza gesti ed espressioni. Nell’utilizzo della luce Mattia Preti fu un vero maestro, soprattutto nelle opere chiaroscurali e drammatiche.
Nacque a Taverna, comune in provincia di Catanzaro, terzo di una numerosa stirpe appartenente al ceto intermedio delle famiglie “onorate”, non ricche di possedimenti o beni materiali ma di “qualità morali e intellettuali”. La madre, Innocenza Schipani, apparteneva ad una delle quattordici famiglie nobili di Taverna, da tempo insediata nel borgo di San Martino, nella cui chiesa parrocchiale possedeva una cappella gentilizia che ospitò il battesimo del piccolo Mattia il 26 febbraio 1613, due giorni dopo la nascita. Il suo precettore fu don Marcello Anania, parroco della chiesa di Santa Barbara di Taverna, che lo istruì «nella grammatica e nelle buone lettere, nel corso dei quali studiò spinto da un genio naturale, solea copiare alcune stampe degli elementi del disegno lasciate in casa da Gregorio suo fratello, allorch’ei partì per Roma».

LA CALABRIA DI ESCHER
Le vedute di Scilla e di Tropea, gli scorci di Pentedattilo, Rocca imperiale e Morano Calabro: ricordi di un viaggio che restarono per sempre nel cuore di Maurits Cornelis Escher.
“Ero incredibilmente interessato al paesaggio del Sud Italia, non al paesaggio italiano, alle influenze dei mori, come ad esempio quei tetti tondeggianti ed ho trovato tutto questo affascinante”. Escher visitò la Calabria nel maggio del 1930 insieme a tre amici. Da Roma arrivò infatti a Pizzo Calabro in treno e da lì intraprese un lungo viaggio tra le coste calabresi. Toccando Tropea, Palmi, Bagnara. Bova Marina, Monasterace, ma anche Catanzaro, Crotone, Rossano, Rocca Imperiale. Escher annotò tutta la distanza percorsa e durante le varie esplorazioni eseguì innumerevoli schizzi. Al suo ritorno ne trasse 13 stampe raggruppate in una suite che chiamò “Calabrie: 6 xilografie e 7 litografie”. Durante la sua permanenza in Italia dal 1922 al 1936, maturò buona parte di quelle idee e suggestioni che caratterizzeranno, nel segno della sintesi tra scienza e arte, la sua produzione e gli studi sulle forme che lo hanno reso unico nel suo genere. Il ricordo della Calabria, come del resto di tutta la nostra penisola, rimarrà indelebile nella mente e nelle opere future dell'artista, tanto che in “Dream” del 1935 è ripresa la mantide religiosa che aveva disegnato a Pentedattilo cinque anni prima.
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