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sabato 25 aprile 2020

I Dolci Tradizionali calabresi

Esploriamo insieme la nostra bacheca di dolci tradizionali calabresi (da nord a sud, da est a ovest):

MOSTACCIOLI
Dolci tipici del comune di Soriano Calabro, situato nell'entroterra vibonese, ma oggi preparati un pò ovunque nelle regione. È un biscotto non lievitato di origine araba, fatto con farina, miele caramellato, liquore all'anice e altri aromi. Tipiche delle sagre e delle feste popolari, i mostaccioli vengono abitualmente ornati di decorazioni colorate e venduti nelle bancarelle durante la Festa della Madonna della Consolazione, contribuendo a creare il clima di festa che pervade l'intera città durante i festeggiamenti. Da tradizione, possono essere modellati con estremo realismo in varie forme che richiamano sia la tradizione cristiana (forme di pesce o di uccello), che quella pagana (forme di donna, serpente, o lettera). Data la mancanza di lievitazione, questi dolci appena cotti sono estremamente duri e quindi difficilmente masticabili; per renderli morbidi è necessario conservarli alcuni giorni in apposite cassapanche dette "mustazzolari" oppure vicino a fonti di calore o al sole.

PANICIELLI D'UVA
Noti anche come "pagnottine", sono fagotti di foglie di cedro legati con ginestra e farciti di uva zibibbo essiccata al sole e cedro candito. Sono una produzione tipica dei comuni costieri tirrenici posti al confine con la Basilicata. E' una delizia sorprendente proprio per la richhezza di sensazioni olfattive che dà oltre alla dolcezza. E' una ricetta antichissima, la cui realizzazione necessita di un lungo e paziente lavoro, che ancora oggi viene eseguita grazie all'insegnamento delle generazioni più anziane. La loro composizione comprende uvetta appassita (di qualità olivella, rugia o zibibbo) ad acini grossi e pezzettini di buccia di cedro racchiusi in foglie di cedro legate con giunco o con filo di ginestra selvatica; ottenuto il fagottino, viene cotto in forno.

BOCCONOTTI
Questi gustosi dolcetti di pastafrolla, lavorati rigorosamente a mano, sono tipici di vari comuni della provincia di Cosenza (Acri, Altomonte, Castrovillari, ecc.) ma è a Mormanno, comune situato nel territorio del Parco Nazionale del Pollino, a pochi chilometri di distanza dalla Basilicata e dalle coste dell’Alto Tirreno Cosentino che tali dolci della tradizione raggiungono il massimo grado di prelibatezza. Secondo alcune fonti il loro nome (“bocconotti” o “bucchinotti” in dialetto) deriverebbe dalla parola “boccone”, in quanto la loro ridotta dimensione ne consentirebbe una rapida consumazione (“in un sol boccone” !). La ricetta tradizionale li vuole di forma ovale, del peso di circa un etto e farciti con mostarda o marmellata di ciliegie o albicocche, ma ne esistono anche varietà con forme e ripieni differenti (rotondi o a canestrello con pasta di mandorle, cioccolato, noci-uva passa-miele). La loro medio-lunga conservazione (anche molti giorni in un ambiente naturale) ed il loro valore nutrizionale ne hanno fatto uno dei “must” della tradizione dolciaria calabrese. Tale dolce, inoltre, risulta incluso nell'elenco regionale dei Prodotti Alimentari Tradizionali (PAT).

CHINULILLE
Sono dolci tipici della tradizione natalizia calabrese preparati soprattutto nella provincia di Cosenza. Consistono in dei fagottini di pasta di colore ambrato, di forma tonda od a mezzaluna, ripieni di mostarda, cioccolata, marmellata di ciliegie, ricotta fresca con canditi oppure di un composto di mandorle-uva passa-miele. Possono essere fritte (ricoperte di zucchero a velo) od al forno (senza zucchero in superficie). Esteticamente ricordano le nepitelle pasquali tipiche del catanzarese. Si è soliti servirle fredde accompagnate da un buon vino passito o da un liquore alle erbe silano. Dialettalmente definite anche: “chinulilli” o “chinuliddri” o “chinuliddre”. Inclusi nell'elenco dei Prodotti Alimentari Tradizionali (PAT).

CEDRO LISCIO DI DIAMANTE CANDITO
Il Cedro Liscia Diamante è la qualità di cedro più diffusa e ricercata sul territorio italiano ed estero grazie alle sue caratteristiche organolettiche. Prodotto coltivato soprattutto nella fascia del Tirreno Cosentino denominata "Riviera dei Cedri" (che va da Tortora a Sangineto), il cedro è un agrume che necessita di costanti cure, di un terreno composto da argilla calcarea, sabbia ed humus con una buona presenza di azoto e di potassio e di temperature miti.
Per ottenere il cedro candito, questo frutto viene sottoposto ad un preventivo processo di salamoiatura che ne permette la conservazione fino al momento della successiva trasformazione. Successivamente viene privato della polpa e fatto cuocere in soluzioni zuccherine per consentirne una prima canditura. Ne seguono altre bolliture, distribuite nei 7-10 giorni successivi, per arrivare all'aspetto quasi vetrificato del prodotto finale.

CICCOLATO AL BOCCONOTTO DI AMANTEA
Questo dolciume è una specialità prodotta nel centro storico di Amantea, cittadina posta sul litorale tirrenico in provincia di Cosenza. Si tratta di un cioccolato fondente dal sapore intenso e dall'aroma deciso preparato con gli stessi ingredienti utilizzati per il ripieno del "Bocconotto di Amantea" (altro brevetto amanteano), vale a dire: pasta di cacao, zucchero, burro di cacao, mandrole tostate, cannella, chiodi di garofano ed altri aromi segreti.

CUZZUPA O CUCULO
In Calabria, e in particolar modo nella provincia di Catanzaro, per Pasqua è tradizione gustare la Cuzzupa, dolce artigianale che può avere varie forme e le più comuni sono il cuore, la treccia, il cesto o la chiocciola.
Gli ingredienti principali sono farina di grano tenero, zucchero, margarina, uova e lievito per dolci, che vengono impastati assieme sino ad ottenere la consistenza ottimale. Scelta la forma da dare al dolce, la Cuzzupa viene decorata con uova sode e poi cotta in forno.
Un tempo, quando lo zucchero era un alimento di lusso, le Cuzzupe venivano fatte con pasta di pane modellata in diverse forme e decorata con uova sode. Il umero delle uova aveva un preciso significato: in numero di sette significava che un fidanzamento era prossimo a tramutarsi in matrimonio, in numero di nove invece si rinnovava la promessa di fidanzamento. Questo prodotto, che aveva quindi un significato simbolico, veniva regalato dalla suocera al genero.

FICHI DI COSENZA DOP
Il fico dottato Cosentino (ficus sativa) è di media pezzatura, con buccia verde giallognola, sottile ed elastica, polpa rosata, molle, dolcissima, aromatica con retrogusto di miele che presenta al suo interno semi (acheni) piccolissimi, inavvertibili alla masticazione. È particolarmente apprezzato per l'essiccazione tanto che potrebbe completarla quasi interamente sulla pianta. Tali peculiarità sono state riconosciute nel 2010 con il marchio di qualità DOP. La tipicità si riconduce alla Valle del Crati, area della provincia di Cosenza, dove un ambiente collinare con un clima temperato ha creato le condizioni propizie per una vegetazione ottimale. L'essiccazione e la trasformazione dei fichi secchi è una tradizione, tramandata al sud da padre in figlio: la prima fase dell'essicazione avviene per disidratazione naturale lasciando i frutti “appassire” sulla pianta (passuluni). Successivamente vengono raccolti in cesti (panari) e fatti asciugare al sole su graticci di canne (cannizzi), dove vengono rivoltati spesso durante la giornata, per favorire un'essiccazione uniforme: sono pronti per essere lavorati quando, schiacciandoli tra le dita, dalla buccia non fuoriesce più la polpa. I prodotti trasformati commercializzati sono i seguenti: Fichi secchi al naturale o Fichi janchi (fichi semplicemente essiccati dalla pezzatura grande o media e dal colore beige); Crocette o Crucette (fichi grandi e/o medi ripieni con una mandorla o con ½ gheriglio di noce, ed eventualmente con della scorza di agrumi con sovrapposto un altro fico aperto, a questo punto altri due fichi vengono sovrapposti ortogonalmente ai primi due, formando così una croce greca e poi infornati fino a colorazione dorata); Nocchette (lavorazione simile alle crocette, ma vengono preparate con due fichi); Palloni (fichi raccolti allo stato fresco e infornati, amalgamati l'uno con l'altro, il pallone che si ottiene è avvolto in due o tre foglie di fico verdi e legate da un sottile filo di salice); Montagnoli (fichi essiccati medi e/o piccoli, cotti in forno e poi lasciati raffreddare ed amalgamati con "mielata di fichi"); Corolle (fichi piccoli schiacciati a forma di piccoli dischi infilati in un rametto di Mirto defogliato, poi infornati); Treccia o Jetta (fichi che non hanno completato l'essiccazione, infilati in canne secche spaccate in quattro parti, opportunamente appuntite, poi infornati ed infilzati e stretti uno sull'altro, in modo da ottenere una sorta di spiedino); Salamino di fichi (fichi amalgamati e triturati con noci, mandorle, nocciole e mielata di fichi, ai quali viene data la classica forma di salame); Fioroni (fichi grandi aperti manualmente, riempiti con una mandorla o con ½ gheriglio di noce e poi infornati).

NACATOLE
Dolci tipici della Locride in provincia di Reggio Calabria, derivano il loro nome dal termine dialettale “naca” che designa la culla, inequivocabile riferimento alla forma tipica e tondeggiante che presentano. Anticamente venivano preparati nel periodo natalizio o per le feste nuziali e si consumavano a fine pasto, intingendoli nei vini locali.
Si preparano con farina di grano tenero rimacinato, uova, zucchero, strutto e sono aromatizzate con anice e scorza di limone. Caratteristica è la formatura, in quanto l'impasto si “fila”, ottenendo così dei bastoncini sottili che successivamente vengono avvolti attorno ad una canna di bambù, dalla quale si sfilano per poi essere fritti. Possono avere varie fogge: quella classica di ciambelle o quella più comune di trecce, ma quella “filata e attorcigliata” è espressione di grande manualità ed è senza dubbio la più caratteristica.

PAN DI SPAGNA DI DIPIGNANO
La preparazione di questo profumato dolce, soffice ed alto quasi come un panettone, è tipica di Dipignano, borgo situato nelle serre cosentine, e risale alla fine del IXX° secolo, quando alcune famiglie del paese usavano prepararlo in occasione delle feste tradizionali e delle ricorrenze importanti, ma, presto, divenne una specialità con produzione a cadenza giornaliera. Si differenzia, rispetto ai pan di spagna tradizionali, per le particolari caratteristiche organolettiche derivanti dall'utilizzo di ingredienti esclusivamente naturali, per la temperatura dei forni a legna durante la cottura e perché è molto più alto e morbido. Riconosciuto quale Prodotto Agroalimentare Tradizionale (PAT). Si prepara senza lievito montando a neve accuratamente gli albumi delle uova, aggiungendo poi lo zucchero, i tuorli ed, infine, la farina; il tutto viene amalgamato manualmente per molti minuti e versato, infine, in una teglia con bordi molto alti, unta con un po' di burro o grasso vegetale per dolci; la cottura avviene in forno a legna alla temperatura di 180° per circa 2 ore. Il prodotto che si ottiene è di colore aureo e può essere di forma circolare o rettangolare e viene consumato così a secco oppure farcito di crema o cioccolato.

PITTA 'MPIGLIATA O 'NCHIUSA
Dolce tipico del crotonese, nasce originariamente come dolce natalizio e si caratterizza per la forma rotonda che racchiude (da qui il termine ‘nchiusa) un insieme di roselline, farcite con frutta secca (uvetta, noci, nocciole, mandorle), ricoperte di miele e cotte in forno. La preparazione è alquanto articolata, in quanto prevede una sfoglia di pasta, di forma circolare, all'interno della quale si adagiano altre sfoglie arrotolate a mo' di roselline, farcite con frutta secca speziata, triturata grossolanamente e uvetta. I bordi della sfoglia circolare, vengono poi rialzati, per racchiudere e sostenere le roselline. Dopo un riposo di alcune ore, si cosparge di miele e si procede alla cottura nel forno a legna, per più di un'ora. Pare che il nome “pitta” derivi dal latino “picta”: una focaccia decorata e piatta che le antiche genti italiche offrivano alle divinità femminili, nel corso di feste e rituali celebrati nei templi. Deriva dalla “pitta ‘mpigliata”, dolce tipico di S. Giovanni in Fiore, comune in provincia di Cosenza, citato in un documento del 1700, dove si legge che veniva servito nelle cerimonie nuziali.

SCALILLE
Questi dolci della tradizione natalizia, dal colore ambrato, dalla caratteristica forma “a scaletta” e dal sapore molto dolce, ricoperti di miele, cioccolato o glassa di zucchero, sono tipici dei comuni della provincia di Cosenza. Dialettalmente definiti anche “scaliddri” o “scaliddre” vengono consumati freddi e, generlamente, accompagnati da liquori dolci o vini liquorosi. Prodotto incluso nell'elenco delle Produzioni Alimentari Tradizionali.

TURDILLI
Questi dolci dal sapore molto dolce e dal colore marrone, tipici delle zone del cosentino, sono parte fondamentale della tradizione dolciaria natalizia della regione. Consumati freddi vengono solitamente accompagnati da liquori dolci ovini liquorosi. Gli ingredienti utilizzati per la loro preparazione sono: farina, miele di fichi, vino moscato o vermout, olio di oliva, arance, cannella e chiodi di garofano.

VARCHIGLIE ALLA MONACALE
La ricetta originaria prevedeva ingredienti semplici e naturali, quali mandorle e zucchero, inseriti all'interno di una cialda di pastafrolla e ricoperti da una glassa di zucchero. In epoche successive, fino ai giorni nostri, la lavorazione delle Varchiglie subisce alcune modifiche non del tutto sostanziali quali la sostituzione del ripieno con un composto di mandorle finemente tritate e cioccolato e con la “storica” glassa di zucchero adagiata in superficie sostituita dal cioccolato fondente. La Varchiglia alla monacale, nome derivante dal termine spagnolo “barquilla” (=cestino) per la sua caratteristica forma ovale, è un dolce tipico cosentino risalente al XIV° secolo, ideato e preparato dalle Monache Carmelitane Scalze (in latino Moniales Ordinis Carmelitarum Discalceatarum), religiose divoti solenni dedite alla produzione di dolci, che stabilirono un loro convento a Cosenza all'epoca della dominazione angioina. Furono le fantesche delle famiglie nobiliari cosentine, dopo aver appreso la ricetta ed il “modus producendi” dalle suore ad introdurla nei salotti buoni della città e, conseguentemente, a tramandarla alle successive generazioni fino ai giorni nostri.


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