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mercoledì 17 giugno 2020

Bruno De Francesco: la nostra intervista ad un "umile cuoco di montagna"

Sebbene si definisca un “umile cuoco di montagna” è stato il primo chef a rappresentare la Calabria alla Expo di Milano del 2015. A Serra San Bruno ha il suo rinomato ristorante, “Zenzero”, dove si impegna a valorizzare il sapore di ogni singolo alimento in una cucina fantasiosa ma allo stesso tempo equilibrata e genuina. Bruno De Francesco, lo chef serrese al quale abbiamo rivolto le nostre domande.


Come definiresti la tua visione della cucina ?
La mia cucina è racconto, semplicità, evoluzione, provocazione, memoria, territorio, identità.
Si modifica in base al mio stato d'animo, alle esperienze, a ciò che vivo ogni giorno. Senza troppi fronzoli e soprattutto senza scopiazzamenti vari. È giusto conoscere nuove tecniche e stare al passo con i tempi, ma senza mai perdere la propria idea di cucina. La mia cucina deve appunto essere "mia".

Tuoi pregi e tuoi difetti.
Un pregio che mi aiuta tanto anche nel vivere la mia professione è di certo la forte emotività, riesco ancora ad emozionarmi e vivere appieno le sensazioni, sia positive che negative, sarei capace di piangere per il profumo di un gelsomino o ascoltando i racconti di una persona anziana. Un grosso difetto è l'essere metereopatico, il tempo ha un forte impatto su di me, una giornata di pioggia rischia di farmi impazzire. (e considerate che vivo in montagna)

Come nasce la tua passione per la cucina ?
Di certo mamma mi ha trasmesso tanto, ma è stato l'istinto, sin da piccolo, a farmi entrare in cucina. La mia prima ricetta è stata la torta a due colori. Ancora ricordo ingredienti e dosi a memoria. La facevo con mamma a 5 anni.

Un tuo ricordo d'infanzia legato ai pranzi domenicali in famiglia.
Il ricordo dei pranzi dell'infanzia è una tovaglia bianca, con sopra delle fragoline, che avvolgeva la teglia di lasagne che mamma preparava. Si andava in montagna a fare il picnic, e nella macchina si sprigionava quel profumo meraviglioso.. Se chiudo gli occhi lo ricordo ancora...

Hai spesso dichiarato che la tua principale soddisfazione è quella di stupire ed emozionare i clienti. Qual è l'assaggio della Calabria che vuoi lasciare nei palati dei tuoi clienti ?
Ai miei ospiti regalo la Calabria vera, dal mare ai monti, mi piace giocare nei menù con termini dialettali perché voglio che il cliente uscendo si senta arricchito non solo dal cibo ma anche dai racconti e dalle tradizioni. Ormai la cucina è cultura, se così non fosse cambierei mestiere.
Ed ecco allora che ogni stagione ha il suo cambio menù, i nuovi ingredienti, la sua ricerca e i suoi racconti. L'ospite deve assaggiare la Calabria, non solo quella bella, ma anche quella piena di difetti, non amo essere ipocrita, nemmeno in cucina.

Quali prodotti della terra tipici della Calabria non devono mai mancare nella tua dispensa ?
Utilizzo tanto verdure e ortaggi, ovviamente di stagione. In questo periodo ad esempio adoro i talli, il Cipollotto fresco che utilizzo dalla testa alla coda, le erbette di campo. Se dovessi scegliere un prodotto della terra da tenere sempre in dispensa di certo opterei per le patate a pasta gialla.

Quale consiglio daresti alle persone quando vanno a fare la spesa ?
Di portarsi le buste di stoffa da casa. :) A parte questo, fare la spesa vuol dire programmazione, rispetto per sé stessi, per i produttori per la materia prima e soprattutto rispetto per l'ambiente.
Quindi bisogna partire sempre dall'idea che ciò che compriamo lo mangiamo, e se ciò che compriamo non fa bene al nostro corpo o non rispetta l'ambiente o i produttori, abbiamo già sbagliato prima ancora di andare dal fruttivendolo, in pescheria o al supermercato.

Il tuo miglior piatto ?
Il mio miglior piatto, deve ancora nascere ovviamente. :) Ci sono piatti a cui sono particolarmente legato, perché appunto raccontano dei momenti belli della mia vita, ma non saprei scegliere il mio piatto migliore.

Perchè hai deciso di chiamare il tuo ristorante “Zenzero” ?
Zenzero nasce dieci anni fa, quando avevo solo 23 anni. Era una sfida, un volermi discostare dalla classica trattoria o ristorante dove tutt'ora si continua a servire la tagliatella con i porcini e l'antipasto tipico.
Probabilmente ora sceglierei invece un nome che sia più legato al mio paese, al mio dialetto. Non potrei mai cambiare ormai il nome, ci sono affezionato, il ristorante è come un figlio. Mi rifarò con l'apertura del nuovo locale.

La cucina è un veicolo importantissimo per la promozione del territorio, quali sono i piatti tradizionali che più rappresentano la Calabria ?
La Calabria ha una cultura culinaria molto interessante, ma è tanto stupenda quanto nascosta.
Probabilmente non siamo stati bravi a trovare dei nomi alle nostre meravigliose ricette, ma i calabresi cucinano da sempre bene.
Purtroppo siamo famosi tanto per il piccante, forse per colpa di qualche comico che in passato parlava solo di peperoncino e salsicce. Ma dal mare alla montagna abbiamo materia prima unica e ricette meravigliose. Alici mbuttunati, pitta nchiusa, pitta China (tipica del mio paese), spaghetto aglio e olio con le sue mille varianti, la fileja con la 'Nduja, le minestre di legumi e porcini, patate e peperoni, melanzane ripiene.

Qual è secondo te la nuova tendenza della cucina ?
Credo, e spero, che finalmente sia arrivato il momento in cui i cuochi riprendano ad essere tali. Spero che il post covid cali il sipario sul "cuoco personaggio" e faccia scendere dal piedistallo tanti chef che non pensano più a cucinare ma soltanto a far parlare di sé sulle varie riviste e guide di settore. Il futuro della cucina secondo me viaggerà sul rispetto della materia prima, soprattutto a km0 e sul ritorno ai piatti che emozionano, "tanto amore e poca fuffa". La speranza dunque è che si inneschi una reazione a catena dove il piccolo produttore possa emergere, e noi possiamo portare in tavola prodotti ancor più genuini. I nostri aiutanti e i nostri apprendisti sono il futuro della cucina, dobbiamo fargli realmente capire cosa significhi fare i cuochi, i sacrifici e le soddisfazioni di questo meraviglioso lavoro anche spianandogli la strada e costruendo insieme la vecchia/nuova cucina calabrese.

Qual è il posto della Calabria che più ti affascina e che consiglieresti di visitare ai nostri lettori ?
Non lo dico perché sono di parte, ma perché realmente lo credo. I luoghi più belli ovviamente per me sono i posti dove ho vissuto e dove ho deciso di rimanere, quindi la mia Serra San Bruno, con un fantastico centro storico (poco valorizzato), le innumerevoli chiese, la Certosa con annesso il museo (dove vivere una bella esperienza, scoprendo la vita dei monaci di clausura e la storia di San Bruno) e Santa Maria del bosco. Spostandomi verso il mare adoro Chianalea di Scilla, Montepaone lido ed il piccolo paese di Bianco dove, da un anno, collaboro con la scuola di cucina "uno chef per Elena e Pietro".

Progetti per il futuro ?
Certo, anzi, ne approfitto per "lanciare" il mio primo libro che uscirà questo inverno. Sarà un vademecum per chi volesse aprire un ristorante, con tanti racconti (anche divertenti), sulle mie esperienze di questi 10 anni e tantissimi consigli utili per non perdere tempo e liquidità. Ovviamente ci sarà anche una parte dedicata alle ricette.

Ci regali una tua ricetta ?
Certo. Qui vi presento una ricettina semplice semplice, un antipasto che mi ha "regalato" una vicina di casa 7 anni fa. È una zuppa di fagioli e porcini leggermente rivisitata: Vellutata di "suriaca" con porcini, gamberetti rossi ed estratto di 'Nduja.

Preparazione
Una volta cotti i borlotti, insaporirli in un soffritto di cipolla, sfumata con il vino bianco, alla quale avremo aggiunto due cucchiai di salsa di pomodoro, un pizzico di origano, del sale e qualche foglia di basilico. Frullare il tutto. Tagliare i nostri porcini a cubettoni e saltarli con dell'aglio in camicia, tenendoli sempre a fiamma viva per farli rimanere ben croccanti, salare. Saltare il gambero anch'esso in padella, dopo averlo sgusciato e sfumarlo con del vino bianco. Riscaldare la Nduja e lasciarla poi scolare in un passino finissimo. Frullare i borlotti. Preparare al forno o su una piastra un po' di crostini di pane. In un piatto fondo, versare la vellutata di fagioli, adagiarci sopra i porcini, i gamberi e i crostini. Terminare con qualche goccia di estratto di 'Nduja e un filo d' olio buono.


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